IL GARANTE NAZIONALE DEI DETENUTI C/ IL PARLAMENTO
La critica alla legge, che dovrà essere approvata dal Senato prima dell’8 novembre, arriva dal Garante delle persone private della libertà Mauro Palma. Ed è contenuta nella relazione al Parlamento presentata al Senato alla presenza del capo dello Stato. Un punto di “crisi del sistema”, per il Garante, è anche rappresentato dall’esecuzione in carcere di pene inferiori ai due anni, così brevi da non consentire nemmeno l’avvio di un percorso di risocializzazione.
Il Garante delle persone private della libertà, Mauro Palma, si scaglia contro il testo approvato dalla Camera sull’ergastolo ostativo: legge che dovrà essere licenziata dal Senato entro l’8 novembre. Secondo l’autorità “è in tensione” con le indicazioni date dalla Corte costituzionale e introduce “disposizioni decisamente peggiorative rispetto alla disciplina su cui essa è intervenuta”. Sono le parole contenute nella relazione al Parlamento presentata al Senato alla presenza del capo dello Stato.
Dalla sentenza alla proroga – A oltre un anno dalla sentenza di incostituzionalità sull’ergastolo ostativo la Consulta ha, infatti, recentemente concesso altri sei mesi di proroga al Parlamento per approvare la nuova legge: un termine ritenuto “il limite massimo” dal Garante dei detenuti perché è un “tempo di attesa che incide sulla vita delle persone”. “Non è possibile non aver presente l’attesa verso la risposta che il Parlamento darà alla richiesta della Corte costituzionale di rivedere l’unico attuale criterio della collaborazione che può far venir meno la preclusione all’accesso a benefici, alle misure alternative e alla liberazione condizionale”, spiega il Garante. La sentenza della Corte Costituzionale aveva bocciato il divieto di liberazione condizionale dei condannati per reati di mafia e terrorismo che non collaborano con la giustizia. Al 31 marzo 2022, secondo i dati presentati dal Garante, sono 1.822 le persone condannate all’ergastolo, di cui 1.280 all’ergastolo ostativo. “I numeri – sottolinea Emilia Rossi, vice dell’autorità – dicono che nel nostro Paese l’ergastolo è essenzialmente ostativo: una pena diversa, quasi di specie diversa, rispetto a quelle previste dal codice penale, perché non definitiva bensì sostanziata dal tempo”. “Il Parlamento sa e può trovare una sintesi, come ha fatto in altre occasioni”, esorta.
La relazione della commissione Antimafia – A metà aprile la commissione parlamentare Antimafia aveva votato all’unanimità una relazione con indicazioni già recepite alla Camera e ora all’esame del Senato. L’Antimafia sostiene che la riforma non dovrebbe “avere alcun riflesso” sui detenuti al 41-bis, “regime che per sua natura richiede non solo la pericolosità sociale ma anche l’attualità dei collegamenti con il mondo criminale di appartenenza”. “Il punto che appare di maggiore tensione rispetto alle indicazioni della Corte, tuttavia, sta proprio – scrive il Garante nella relazione – nei presupposti prescritti per l’accesso a qualsiasi beneficio (tutti, inclusi i permessi premio) o misura alternativa previsti dalla legge nonché alla liberazione condizionale. Una serie complessa di adempimenti probatori di difficile se non impraticabile adempimento e che, soprattutto, sono rivolti al passato, alla storia della persona spesso condannata in un tempo lontano oltre che riferiti a previsioni prognostiche che tanto somigliano a una prova diabolica”.
Gli altri “punti di crisi” – Per il Garante, oltre all’ergastolo ostativo, altri due punti su cui il Parlamento “può e, in parte, deve” intervenire in questa legislatura sono: il carcere anche per pene molto brevi, la malattia psichica. Un punto di “crisi del sistema”, sottolinea nella relazione, è rappresentato dall’esecuzione in carcere di pene così brevi da non consentire nemmeno l’avvio di un percorso di risocializzazione: al 7 giugno, sono 1.317 le persone presenti in carcere per scontare una condanna inferiore a 1 anno, 2.467 per una condanna compresa tra 1 e 2 anni, “numeri che sollecitano la ricerca di soluzioni diverse dalla detenzione in carcere”. Infine, l’ultima criticità è la malattia psichica in carcere: al 22 marzo erano 381 le persone detenute cui è stata accertata una patologia di natura psichica che ne comporta l’inquadramento negli istituti, giuridici e penitenziari, predisposti per affrontarla, “ma la soluzione non è e non può essere solo sanitaria e tantomeno di sola sicurezza: va cercata – conclude il Garante – nel coinvolgimento attivo di figure professionali ulteriori e nuove”.
Fonte: ilfattoquotidiano.it